I mulini e la farina di neccio a Gallicano
Lungo i torrenti, spesso nelle aree di produzione della castagna, sorgevano i mulini per la macinazione dei frutti essiccati nei metati.
Una volta terminata l’essiccazione (che poteva durare anche 40-45 giorni) le castagne secche venivano poste entro sacchi stretti e lunghi di canapa detti “taschette” e battute (pistate) per separarle dai gusci. Quindi le donne con la “vassoia” le ventilavano per allontanare la pula ovvero tutte le scorze più sottili, dopodiché il prodotto così ottenuto veniva avviato ai mulini. Qui il mugnaio provvedeva alla macinazione e, di solito, da tre misure di castagne otteneva una misura di farina.
Questa veniva posta poi negli “scrigni”, avendo cura di pressarla fortemente in modo da facilitare la conservazione che poteva andare fin quasi al raccolto dell’anno successivo.
La farina di neccio (farina di castagne, oggi è un marchio Europeo DOP – Denominazione di Origine Protetta), fino allo scorso secolo, era un prodotto molto importante che era alla base dell’alimentazione delle famiglie gallicanesi e di tutta la valle del Serchio.
Ogni podere aveva sempre almeno una selva di castagni. A Gallicano, le selve erano molto distanti e faticose, perché quasi tutte nel monte Palodina. Oltre ad essere lontane i contadini dovevano portare sia le castagne che la legna per l’inverno e la paleria per viti o altro, tutto a spalla.
Ma gli uomini di Gallicano erano abituati a questo, tanto da avere la fama di grandi portatori a spalla e richiesti soprattutto quando andavano a fare la stagione in Corsica, Sardegna ecc..